Il 5 dicembre 2024 Paolo Endrici ha raggiunto un traguardo straordinario: 50 anni di attività alla guida della Cantina Endrizzi. Per celebrarlo, insieme alla famiglia, abbiamo organizzato una festa a sorpresa, trasformando quello che doveva essere un semplice incontro per la cena di Natale con i dipendenti in un evento speciale. Circa un centinaio di ospiti hanno partecipato alla serata, tra cui ex dipendenti, collaboratori storici, amici della famiglia e rappresentanti delle istituzioni locali.

La festa, che si è svolto nella suggestiva Bottaia della cantina, ha visto la partecipazione di figure istituzionali come Giulia Zanotelli, assessore all’Agricoltura, Sabrina Schench dell’Istituto Trentodoc, Clelia Sandri, sindaco di San Michele all’Adige, e tanti altri. Tutti hanno voluto rendere omaggio a Paolo Endrici, riconoscendo il suo contributo non solo alla crescita della nostra Cantina, ma anche allo sviluppo e alla valorizzazione del territorio trentino.

La serata è stata allietata da musica dal vivo e deliziosi piatti preparati dal catering Moresco, culminando in un brindisi speciale che ha celebrato mezzo secolo di impegno, passione e dedizione. Grazie alla visione di Paolo, la nostra Cantina è oggi un punto di riferimento nel panorama vinicolo trentino e non solo.

In questo contesto di festa e riflessione, abbiamo chiesto a Paolo di condividere con noi i momenti più significativi di questa straordinaria avventura, raccontando un viaggio che, come dice lui stesso, non era certo stato scritto in anticipo.
Intervista a Paolo Endrici: mezzo secolo di storia della Cantina Endrizzi
Paolo, cinquant’anni sono davvero tanti. Come è iniziata la tua avventura nel mondo del vino?
All’inizio, la Cantina Endrizzi non era altro che un progetto parallelo per me. Laureato in giurisprudenza, avevo in mente una carriera da avvocato. Mio zio, l’Avv. Giulio de Abbondi, mi aspettava nello studio legale e la Cantina sarebbe dovuta essere un eventuale part-time. Ma, come spesso accade nella vita, le cose non vanno mai come previsto. A mio padre Franco, che era passato dalla legge al vino, non piaceva fare pressioni su di me. Voleva che fossi io a scegliere il mio cammino.

Eppure, fin da subito, il mondo del vino ti ha chiamato in modo più forte del previsto. Come sei passato dalla legge al vino?
È stata una scelta difficile perché all’inizio non sapevo nulla di vino. Ho iniziato a dividermi tra il lavoro legale e la gestione della Cantina. A seguire il risarcimento per la tragedia del Cermis e, allo stesso tempo, ad imparare i meccanismi del vino, spesso risolvendo problemi legati alla produzione e alla vendita. All’inizio eravamo in pochissimi, solo 4 dipendenti, ma piano piano la passione è cresciuta. Mi sono reso conto che la Cantina richiedeva il mio impegno a tempo pieno.
Parliamo dei primi anni. Com’è stato gestire una piccola realtà senza le risorse che avete oggi?
All’inizio ho dovuto fare quasi tutto da solo: dalla produzione alle analisi, fino alle vendite. Ma la qualità del vino che potevamo produrre con le strutture esistenti non era di certo all’altezza delle mie esigenze. Fu allora che decisi di portare provvisoriamente la vinificazione altrove, alla Gaierhof, dove mi aiutò Luigi Togn. Mi dedicai così totalmente al mercato.
Il mercato estero è stato una vera svolta per l’azienda, non solo dal punto di vista commerciale, ma anche personale. Puoi raccontarci?
Nei miei viaggi in Germania, non ho trovato solo clienti, ma anche l’amore. Christine, che oggi è mia moglie, è entrata nella nostra vita e nel progetto della Cantina. Con lei, le cose sono cambiate: abbiamo riportato la produzione in cantina, ingaggiato un enologo e investito nel miglioramento e nell’immagine dell’azienda, organizzando anche mostre d’arte contemporanea in cantina. La nostra prima esperienza con il Trentodoc, all’epoca Trento Classico, è arrivata nel 1980. La creazione dell’Istituto Trentodoc, a cui ho partecipato come socio fondatore nel 1984, fu un ulteriore passo importante.

E poi? Come si è evoluto il percorso dell’azienda negli anni?
Abbiamo affrontato diverse sfide, ma abbiamo anche raggiunto molti successi. Negli anni ’90, quando sono nati i nostri figli, Lisa Maria e Daniele, l’azienda è cresciuta. Abbiamo acquistato nuovi terreni. L’investimento più importante di quegli anni fu nella Maremma Toscana, dove acquisimmo la Tenuta Serpaia. Un investimento coinvolgente ed impegnativo. Inoltre, abbiamo sempre più puntato sulla qualità e sulle innovazioni. Abbiamo costruito l’attuale “cantina nuova”, quasi 3.000 m2 tutti interrati sotto il vigneto di Masetto. Il Gran Masetto, che abbiamo lanciato nel 2003, è stato uno dei punti più alti del nostro percorso: un vino innovativo per il Trentino. Non sono mancati momenti difficili, come nel 2008 con la crisi economica mondiale, ma anche lì abbiamo saputo prendere decisioni coraggiose e superare gli ostacoli.
Dai primi successi al Gran Masetto, quale è stato il segreto per superare le difficoltà?
La passione, la dedizione e un grande spirito di squadra. Abbiamo sempre affrontato le difficoltà con determinazione, spesso spinti dalla necessità di non arrenderci. Un esempio? Quando siamo stati denunciati per l’uso di luce artificiale in cantina. Una interpretazione burocratica ha bloccato l’imbottigliamento per più di un anno. Ma non ci siamo fermati. Dopo più di un anno di battaglie legali, siamo riusciti a far cambiare la legge e soprattutto la sua interpretazione ultra-restrittiva. Lunga fu anche la battaglia giuridica con Frescobaldi per la somiglianza del nostro nome Masetto con il loro Masseto, fino al raggiungimento di un amichevole accordo…
Il passaggio alla nuova generazione è un momento decisivo. Come è stato coinvolgere i figli Lisa e Daniele nella gestione dell’azienda?
Quando Lisa e Daniele, dopo studi specifici nel settore in Italia e Germania (Lisa anche a Bordeaux), sono entrati in azienda, è stato un momento di grande energia e rinnovamento. Hanno portato con sé nuove idee e un approccio ancora più moderno, focalizzato su qualità e sostenibilità. Abbiamo acquistato nuovi terreni e ci siamo concentrati sullo sviluppo di tecniche di vinificazione ancora più innovative. Abbiamo lanciato nuovi vini, come la linea “DALIS”, e spumanti, come, per esempio, il progetto Masetto Privé, che ha alzato il nostro standard qualitativo.

Oggi, come ti senti riguardo al futuro dell’azienda?
Siamo pronti per la nuova generazione. Con Christine, i nostri figli, Torben, marito di Lisa, e il Team che cresce (oggi siamo circa in trenta), siamo in ottime mani. Intendiamo continuare la crescita con nuovi progetti e sfide. Stiamo anche pianificando l’ampliamento dell’azienda: abbiamo un CDA di famiglia che ci permette di prendere decisioni condivise e abbiamo appena concluso una grande ristrutturazione della storica dimora del ‘400 al Masetto. E ci sono ancora tanti progetti in cantiere: vogliamo guardare avanti, superando ogni ostacolo che si presenterà.
Paolo, dopo cinquant’anni, cosa ti lascia questa lunga carriera?
Sono orgoglioso di quello che abbiamo costruito. Da una piccola azienda, oggi Endrizzi è riconosciuta per la qualità dei suoi prodotti, per la sua capacità di innovare, per il suo impegno nelle istituzioni e nel territorio. Ma quello che più conta è che abbiamo creato una realtà familiare solida, unita, capace di affrontare qualsiasi difficoltà con passione e dedizione. La pensione? Può aspettare!